«L'ambiente svolge un ruolo centrale nella terapia dell'ADHD».
Signor Jenni, lei descrive la diagnosi di ADHD come un puzzle complesso: perché?
Ad oggi non esiste un test ADHD ufficiale o oggettivo. Nel processo diagnostico dobbiamo quindi includere le nostre osservazioni comportamentali, i moduli dei test e la valutazione soggettiva di varie persone dell'ambiente circostante, come genitori, insegnanti o terapisti.
Sappiamo che i farmaci da soli sono inutili.
Anche nei bambini c'è un grande dinamismo evolutivo: bisogna valutare attentamente se si tratta «solo» di immaturità nel comportamento del bambino o di un disturbo che si protrae nel tempo. La domanda è: cosa cresce e cosa no? Una diagnosi non deve quindi basarsi su un'istantanea. Un'altra sfida consiste nel differenziare l'ADHD da altri disturbi che sono associati ai sintomi dell'ADHD, come ad esempio un disturbo dello sviluppo del linguaggio, un disturbo autistico o motorio o persino la depressione.

Quali sono le opportunità e le sfide associate a una diagnosi di ADHD?
Le opportunità si aprono perché alle difficoltà del bambino viene dato un nome. Ciò consente di accedere alle terapie. Può anche avere un effetto di sollievo sui genitori e sugli insegnanti quando lo sanno: Le anomalie non sono vaghe, possono essere nominate. D'altra parte, la diagnosi comporta il rischio di stigmatizzazione e di esclusione del bambino affetto, nonché di concentrarsi sulla terapia farmacologica.
Perché vi impegnate nella cosiddetta terapia centrata sull'ambiente? E cosa significa in concreto?
Nella pratica clinica quotidiana sappiamo che i farmaci da soli sono inutili. La terapia dell'ADHD è efficace solo se si lavora insieme all'ambiente del bambino. Il primo passo del trattamento dovrebbe essere quello di familiarizzare con il profilo dei punti di forza e di debolezza del bambino da parte di assistenti, genitori e insegnanti. Il disagio del bambino si riduce quando i suoi punti di forza individuali vengono incoraggiati e le sue debolezze vengono accettate e sostenute, e l'ambiente adatta le sue aspettative nei suoi confronti. In una seconda fase, inizia il lavoro terapeutico: sviluppiamo con il bambino strategie su come affrontare meglio le sue debolezze e, se necessario, lo supportiamo con farmaci.