«Con me non l'avreste mai fatta franca»
A volte a tavola si ruttano. Oppure si parla con la bocca piena, si mangia con le mani e ci si agita in vari modi. Mi riferisco ai bambini. Tutti hanno attraversato queste fasi. Solo che non tutti la vedono così.
«Ehi, potete dire finalmente qualcosa?», grida la più grande quando il più piccolo si comporta ancora una volta in modo scortese. «Con me non l'avreste mai fatta franca!»
Io sostengo che non sia vero. Ma l'obiettività nelle questioni familiari è una cosa irraggiungibile – e la memoria è camaleontica. La loro, almeno. Nella mia retrospettiva ci sono naturalmente solo fatti. «Anche voi prima facevate un bel po' di casino», dico quindi. Immediatamente arriva una replica, ora anche dalla secondogenita: «Da noi avreste già dato di matto da un pezzo!»
Mentre con il primo figlio ci siamo impegnati a fondo nell'educazione, con il più piccolo non ci innervosiamo più ad ogni provocazione.
Beh, dal loro punto di vista adolescenziale, anche un leggero sospiro è espressione di perdita di controllo. Ma diciamo così: mentre con il primo figlio ci siamo dedicati con impegno e competenza alla sua educazione – e in misura leggermente minore anche con il secondo –, con il più piccolo semplicemente non ci innervosiamo più ad ogni provocazione.
Prima che diventi un bambino irrequieto che, come nello «Struwwelpeter», spazza via tutto dal tavolo, interveniamo anche con lui. «Adesso basta!», gli diciamo. Proprio come una volta. O quasi.
Educazione con due punti esclamativi
Forse prima era: «Adesso smettila!!» Un punto esclamativo in più, ma non serviva a nulla. Anche se i grandi sembrano vedere in questo piccolo segno l'intero spettro tra l'inazione e la pedagogia nera.
«Adolescenti!», si potrebbe dire e dare di matto, ovvero sospirare silenziosamente. Di solito faccio così anch'io. Solo che a volte una discussione del genere ha un effetto duraturo. Basta un caso fortuito, una vecchia foto per esempio, e una cosa tira l'altra fino ad arrivare a una piccola verifica dei fatti.
Probabilmente le differenze nell'educazione dei fratelli non risiedono tanto in ciò che si dice, quanto piuttosto in ciò che ci si aspetta da loro.
Mi è venuto in mente di recente quanto mi sembrasse improvvisamente grande la maggiore dopo la nascita del più piccolo. Da allora non ne sono più così sicura. È possibile che dalla versione di lei a sette anni esigessimo delle buone maniere che oggi, a undici anni, ancora non possiede. Se vedessi le sue sorelle nella loro altezza di un tempo in piedi accanto a lui... mi dispiacerebbe per molti dei miei punti esclamativi.
«Ehi, ciao!», gridano di nuovo dall'altra parte del tavolo. «Da noi avreste già da tempo...!» Naturalmente continuo a sostenere che non è vero. Dove finiremmo se venisse fuori che la percezione che ho dei miei genitori è piuttosto distorta? Ma, onestamente, in parte hanno ragione. Forse le differenze nell'educazione dei fratelli non risiedono tanto in ciò che si dice, quanto piuttosto in ciò che ci si aspetta da loro.
Senza dire una parola, ma sospirando piuttosto forte per sicurezza, tolgo il piatto al «piccolo». Ha finito comunque e voleva solo infastidire le sue sorelle, ammette. I punti esclamativi sono sopravvalutati, stavo quasi per scrivere. Ma forse sono proprio l'indicatore delle nostre aspettative. Per quanto riguarda le buone maniere, credo che ce la faremo, e forse qui basta un punto.





